Sono sempre più frequenti i pazienti che richiedono una dieta chetogenica con lo scopo di perdere peso,
semplicemente perché adottando questo stile alimentare si tende a perdere peso più velocemente rispetto ad una dieta sana ed equilibrata.


Ma cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta
La dieta chetogenica consiste in un regime alimentare prevalentemente ricco di grassi (70-80% delle calorie totali della dieta) e un ridottissimo (quasi nullo) apporto di carboidrati con lo scopo di indurre l’organismo ad utilizzare grassi e chetoni come fonte energetica.
Via libera quindi a carni grasse, formaggi, grassi di origine animale (panna, burro etc), oli vegetali, frutta
secca a guscio, semi, uova, pesce e tofu.


Assenti invece tutte le forme di carboidrato (anche complesso), legumi, frutta e verdure amidacee.
Il concetto alla base della dieta chetogenica è il raggiungimento di uno stato di chetosi metabolica che si
innesca nel momento in cui il corpo non ha più zuccheri a disposizione dai quali trarre energia. Vengono per questo utilizzati i grassi e i corpi chetonici prodotti dal fegato per compensare queste carenze.
È chiaro quindi il motivo per cui tutti coloro che necessitano di perdere peso vogliano affidarsi ad un simile regime alimentare: si mangiano solo alimenti grassi (e quindi appetibili), non bisogna mangiare frutta e verdura (che di solito sono alimenti meno graditi dalla maggioranza delle persone) e si perde peso in fretta.


Quello che però i sostenitori di questo regime alimentare non tendono a sottolineare (a mio parere per
mero interesse economico e mancato senso etico) è il fatto che un simile approccio comporta non solo una serie di effetti collaterali per nulla trascurabili ma risulta anche poco sostenibile nel lungo termine in
quanto anche solo una piccola assunzione di carboidrati interrompe il processo di chetosi e quindi
comporta un’interruzione del processo di dimagrimento e un più facile e veloce recupero dei chili persi.
Nel dettaglio, i più probabili effetti collaterali sono i seguenti:
1) “ketoflu”: serie di sintomi tipici dell’assenza di carboidrati nella dieta che includono – mal di testa,
affaticamento, tachicardia, confusione, alitosi, disturbi del sonno, nausea, crampi muscolari
2) Disidratazione e, alla lunga, conseguente disfunzioni renali: Entrando in chetosi, l’organismo è
naturalmente portato ad espellere una maggiore quantità di liquidi. Tale processo, soprattutto se
protratto nel tempo, può causare disidratazione.
3) Problemi cardiaci: La disidratazione comporta una carenza di elettroliti, come per esempio sodio,
magnesio e potassio. Una prolungata carenza di elettroliti potrebbe minacciare il funzionamento
cardiaco comportando aritmie
4) Problemi intestinali o digestivi: l’elevato apporto di grassi può determinare rallentato svuotamento
gastrico e nel breve termine episodi di diarrea dovuti al fatto che il fegato deve rilasciare grosse
quantità di bile per permettere la metabolizzazione del grasso e che stimola la motilità intestinale;
nel lungo termine, invece, la quasi totale assenza di fibre (derivanti da frutta, verdura, legumi e
cereali integrali) determina stitichezza
5) Carenze vitaminiche dovute all’assenza di verdura, frutta e legumi
6) Sbalzi d’umore: le diete low carb possono causare una carenza nella produzione di serotonina, un
neurotrasmettitore implicato nella stabilizzazione dell’umore, aumentando il rischio di sviluppare la
fame nervosa.


È bene tenere presente che lo stato di chetosi si manifesta naturalmente in persone malate e per questo
motivo la dieta chetogenica è stata anche denominata da alcuni esperti come “make-yourself-sick-diet”
(letteralmente “dieta che ti rende malato”).

Altro motivo per cui questo tipo di dieta merita questo appellativo è che prevede l’eccessivo consumo di
carne grassa e formaggi, alimenti che contribuiscono all’insorgenza delle più comuni cause di morte e
disabilità della nostra società.
Ecco spiegato il motivo per cui nessun professionista del settore sanitario dovrebbe incoraggiare questa
tipologia di regime alimentare per il benessere e la salvaguardia dello stato di salute dei pazienti e allo
stesso tempo perché è estremamente restrittiva, sbilanciata, ferrea e poco sostenibile sia fisicamente che socialmente.
Di contro, una dieta bilanciata e varia non solo permette di rispettare a pieno tutti i processi fisiologici
dell’organismo senza doverlo necessariamente sottoporre ad un forte stress, ma permette anche di
sostenere questo stile alimentare nel lungo termine senza compromettere lo stato di salute.

A cura della nostra nutrizionista Ilaria Carandente