L’obesità è una patologia cronica caratterizzata da una importante predisposizione genetica che può portare effetti negativi sulla salute. 

Anche un modesto decremento di peso si associa ad un miglioramento o alla prevenzione delle patologie associate all’obesità.

Il cambiamento dello stile di vita (dieta e attività fisica) può indurre una iniziale perdita di peso che però non viene mantenuta nel lungo termine per la potente risposta biologia messa in atto dall’organismo per ripristinare l’iniziale peso corporeo. 

Come precisato da Rachel Batterham, a capo del centro per la ricerca e il trattamento dell’obesità dell’University College di Londra e tra gli autori dello studio, «per la prima volta le persone obese possono raggiungere un risultato finora possibile ricorrendo alla chirurgia bariatrica». Questa non può però essere considerata la soluzione per tutti.

Per superare questo problema è possibile considerare una terapia farmacologica. 

La terapia farmacologica dell’obesità può finalmente avvalersi di molecole sicure ed efficaci come la semaglutide.

Questo è un analogo di un ormone prodotto dall’intestino (GLP-1) che agisce incrementando il senso di sazietà.

Definito da molti un «game changer», è infatti in in grado di determinare una riduzione fino al 20 % del peso corporeo di partenza. Un risultato finora mai raggiunto da altri farmaci e osservato soltanto in pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica.

La speranza di poter curare l’obesità è sempre piú vicina?Un traguardo nella ricerca visto il risultato mai raggiunto dalle altre molecole utilizzate nella lotta ai chili di troppo. Questo ha spinto gli studiosi a testarlo su quasi duemila persone obese. I risultati della sperimentazione sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine.